Diabulimia: un nuovo aspetto dei disturbi del comportamento alim
| Il diabete di tipo 1 insorge precocemente, in un’età in cui la malattia e la necessità di attenzioni continue verso l’alimentazione non sono facilmente accettate, esponendo maggiormente i giovani affetti da questa patologia a incorrere nei disturbi del comportamento alimentare. Poiché l’insulina necessaria a metabolizzare i carboidrati favorisce anche l’accumulo di grasso, i pazienti si rendono presto conto che riducendone l’assunzione riescono ad avere un migliore controllo del peso corporeo. Questa volontaria riduzione della dose di insulina è indicata con il termine “diabulimia”. La sua prevalenza è in continuo aumento, soprattutto fra le donne. Uno studio ha messo in relazione la sopravvivenza al diabete con le abitudini alimentari e una corretta osservanza delle indicazioni terapeutiche, seguendo il comportamento di 143 adolescenti con diabete di tipo 1. Si è potuto riscontrare che il 37,9% delle femmine e il 15,9% dei maschi ricorrevano a pratiche insane per il controllo del peso. Fra le femmine il 10,3% saltava l’assunzione di l’insulina e il 7,4% ne riduceva la quantità. Solo uno dei maschi, invece, ricorreva a questi comportamenti. Studi condotti dall’organizzazione no-profit Diabulemia Helpline, nata con il supporto di americani e inglesi, hanno riscontrato che più del 30% delle donne diabetiche tra i 15 e i 30 anni modifica o salta l’insulina prescritta per perdere peso. Pur non essendo ancora classificato ufficialmente fra i disturbi del comportamento alimentare, come l’anoressia e la bulimia nervosa, questo disturbo ne condivide molte caratteristiche, come l’ossessione per il cibo e la percezione del peso corporeo errata, associata spesso ad ansia o depressione. Questo fenomeno non è facilmente riconosciuto dagli operatori sanitari o dalla famiglia, ma alcuni segni possono costituire un campanello d’allarme: rapida perdita di peso, odore di chetone del respiro e delle urine, iperglicemie frequenti e inspiegabili, letargia, bisogno di urinare frequentemente. Ovviamente questa cattiva gestione della malattia porta a una maggiore difficoltà a controllare il metabolismo e a una precoce insorgenza delle complicanze come danno renale, neuropatia periferica, infarto e ictus. Date le sue drammatiche conseguenze, questa pratica dovrebbe essere quindi rapidamente riconosciuta e affrontata da un’equipe costituita da diverse figure professionali, dall’endocrinologo al nutrizionista e allo psichiatra per un eventuale intervento farmacologico. Fonte:http://www.lascuoladiancel.it/
News di martedì 27 gennaio 2015
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