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Prodotti derivati dalla lavorazione dell’uva: non solo vino

by Direzione | lascia un commento

La produzione vinicola pone alcuni problemi di tipo economico e ambientale: da una parte la politica europea tende a limitare la sovrapproduzione di vino per evitare l’eccessivo calo dei prezzi, dall’altra dopo la pressatura dell’uva si producono una quantità di raspi, bucce e vinaccioli (circa il 20% del peso totale) il cui smaltimento è costoso e implica problemi di inquinamento.
Per evitare di risolverli drasticamente estirpando le viti, che costituiscono tra l’altro una ricchezza dal punto di vista del paesaggio e della cultura a esso legata, si è cominciato a pensare di utilizzare in maniera diversa una parte dei prodotti di queste piante, così caratteristiche e diffuse nel territorio europeo.

Dagli scarti prodotti nella vinificazione si possono infatti ottenere preziose sostanze, come l’acido gallico (un acido fenolico), catechineed epicatechine (flavonoidi), e proantocianidine oligomeriche (PCO) la cui importanza per il mantenimento della nostra salute è stata confermata in tanti studi. La loro efficacia antiossidante nel caso delle PCO, ad esempio, è venti volte maggiore rispetto a quella della vitamina E e cinquanta volte maggiore di quella della vitamina C.
La loro attività è fondamentale nella prevenzione delle malattie degenerative e cardiovascolari, nella protezione del collagene, della vista e in tutti quei fenomeni che vanno sotto il nome di “invecchiamento”, anche causato dai raggi solari. Perché allora non risolvere il problema dello smaltimento degli scarti utilizzando in maniera intelligente queste preziose sostanze, che altrimenti sarebbero perse?

Il riciclo dei prodotti derivati dall’uva si è dimostrato molto fruttuoso, in particolare per quanto riguarda i vinaccioli: dalla produzione di cosmetici, agli integratori alimentari, dalla grappa, all’olio e alla farina.
La farina, ricavata per essiccazione dei semi — in cui alle altre sostanze si aggiungono fibre e minerali come magnesio, calcio e ferro — si può utilizzare per produrre, unita ad altri ingredienti più tradizionali, particolari prodotti da forno come pane e dolci.
Poiché questo concentrato di polifenoli però ha un gusto tendenzialmente astringente e amaro, l’utilizzo di queste farine nella produzione del pane deve essere limitato a non più di 5 g/100 g di farina di frumento.

Dai semi si ricava anche l’olio di vinacciolo, che può essere estratto meccanicamente mediante presse idrauliche o a vite per produrre un olio che conserva molte delle sostanze antiossidanti, ma avendo una resa bassa è piuttosto costoso.
Essendo composto prevalentemente da acidi grassi polinsaturi (saturi 9,23% — monoinsaturi 16,39% — polinsaturi 67,99%), in particolare acido linoleico (omega 6), al contrario dell’olio di oliva questo tipo di olio non è adatto alla frittura, andrebbe conservato al buio e utilizzato crudo.
Quando è sottoposto a estrazione con solventi, che eliminano gli acidi grassi liberi e l’acqua, il punto di fumo dell’olio di vinacciolo arriva a ben 245°C. In questo modo si ottiene una resa maggiore e un prodotto a basso costo che viene però privato delle sostanze antiossidanti.
Un altro metodo in via di perfezionamento è l’estrazione in CO2 (anidride carbonica) in fase supercritica, che permette un’estrazione veloce, con un composto economico e privo di tossicità, producendo un olio di migliore qualità.

 Fonte:http://www.lascuoladiancel.it/2015/01/26/prodotti-derivati-dalla-lavorazione-delluva-non-solo-vino/







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