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Editoriale — Riso con o senza arsenico?

by Direzione | lascia un commento

A volte basta un semplice gesto, per rendere una pietanza più sicura. Il caso del lavaggio del riso ne è un esempio.

Uno dei pochissimi ricordi di mia nonna paterna è legato proprio al riso. Nonna Gina passava interi pomeriggi a selezionare i chicchi migliori, cestinando quelli imbruniti o coriacei e separandoli dai sassolini. In più, prima della cottura, era d’obbligo il lavaggio.

Con le moderne tecniche di lavorazione del riso, non è più necessaria la mondatura domestica.

Il risone, ovvero il riso non lavorato, viene trasformato con le seguenti tappe:

  • preliminare e approfondita pulitura, attraverso tarare e spietratori;
  • rimozione della lolla che lo ricopre, attraverso gli sbramini.

Il risultato di questi processi è il riso integrale, che può a sua volta subire altri passaggi: sbiancatura meccanica, selezione ottica, processo parboiled o altre lavorazioni speciali.

Il riso che acquistiamo oggi negli esercizi commerciali è già pulito e non necessità di ulteriore selezione dei chicchi. Come la mettiamo invece con il lavaggio? È ancora necessario?

Un recente articolo, pubblicato per la prestigiosa rivista «Nature», pone l’accento sul potenziale pericolo delle tracce di arsenico contenute nel riso. L’arsenico sarebbe assorbito dalle piante nelle risaie direttamente dal terreno. A favorire la concentrazione di arsenico sarebbe proprio il particolare sistema di coltivazione del riso, che cresce immerso nell’acqua.

Seppure il contenuto di arsenico in una singola porzione di riso non desterebbe problemi, non abbiamo dati a riguardo nel consumatore di riso abituale (la maggior parte dei popoli orientali), né dell’effetto cumulativo di arsenico che ritroviamo in altre fonti alimentari, come per esempio l’acqua.

La letteratura scientifica associa l’arsenico introdotto con l’alimentazione a diversi tipi di cancro e ad altre gravi problematiche per la salute.

Sembra che il lavaggio del riso sia una delle metodiche per abbattere significativamente i livelli di arsenico. Il lavaggio migliore avverrebbe attraverso percolazione: una procedura che prevede il passaggio di un fiume di vapore tra i chicchi, attraverso l’utilizzo di una speciale caffettiera. La procedura viene illustrata da alcuni ricercatori, sulla rivista «PLoS One». Lungi dal consigliare di cuocere il riso in una caffettiera (lo strumento che tratta il riso per percolazione al momento è solamente un prototipo), ci teniamo a porre in risalto un altro metodo semplice, con cui il contenuto di arsenico può essere diminuito.

Il riso diventerebbe più sicuro se generosamente lavato in acqua tiepida, per poi essere cotto in abbondante acqua (il rapporto ideale sarebbe una parte di riso per dodici parti di acqua). Gli studi dimostrerebbero che l’arsenico è in grado di diffondere dal chicco nell’acqua di cottura, per poi essere prontamente eliminato con la scolatura.

Seguendo la stessa logica, sarebbero invece da sconsigliare le cotture in poca acqua, con aggiunta progressiva di brodo o al microonde senza un opportuno lavaggio.

Un semplice gesto legato alla saggezza popolare come quello operato da mia nonna Gina, e non solo, ha protetto intere generazioni dall’arsenico.

Poi mi chiedo: «Quarant’anni fa, i livelli di arsenico nel riso, saranno stati gli stessi di oggi?»

 

Fonti:

Fonte:http://www.lascuoladiancel.it/2015/08/31/editoriale-riso-con-o-senza-arsenico/





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