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Intolleranze alimentari: sintomi, test e dieta da seguire

by Direzione | lascia un commento

Quando si parla di intolleranze alimentari, può capitare di fare confusione con le allergie. Più che altro le intolleranze si dovrebbero considerare delle reazioni avverse nei confronti di alcunicibi, la cui risposta arriva direttamente da parte dell’intestino, che recepisce alcuni alimenti come potenzialmente tossici e quindi scatena un’azione infiammatoria. Come conseguenza si hannosintomi di diverso genere, che possono essere evitati, portando avanti una dieta specifica, che non includa determinati cibi. Per la diagnosi del disturbo ci sono alcuni test attendibili, fra i quali quello del dna.

I sintomi

sintomi delle intolleranze alimentari vanno interpretati come segnali d’allarme, attraverso i quali il corpo esprime qualcosa che non va nell’ambito del proprio equilibrio. Il quadro sintomatologico è spesso molto ampio e coinvolge molti organi e apparati. I sintomi sono simili a quelli delle allergie alimentari. Si possono avere disturbi gastrointestinali, come gonfiore,diarreastitichezzasindrome del colon irritabilereflusso gastroesofageo e colite. Possono presentarsi sintomi cutanei, come l’orticaria, vari tipi di dermatiti, eczemi e prurito in generale.

Il soggetto può presentare affezioni respiratorie, come sinusiti, asma e riniti, dolori muscolari, crampi, mestruazioni irregolari, prostatiti, vaginiti oppure anomalie che si riferiscono alla sfera nervosa, come mal di testa, stanchezza, difficoltà di concentrazione, sonnolenzaansia oinsonnia.

Nei bambini non è detto che si manifestino sintomi esclusivamente intestinali, ma spesso segnali che devono destare l’attenzione sono anche altri, che apparentemente non sembrano essere correlati: anemia, carenza di acido folico, rachitismoinappetenza, oltre che feci più chiare del dovuto o emissioni di feci abbondanti.

I test

Di test per le intolleranze alimentari ce ne sono tanti, anche se alcuni possono essere considerati non convenzionali. Fra questi, ad esempio, il citotossico, che si basa sulla possibile reazione dei globuli bianchi, i quali subirebbero una modificazione nella forma. In questo test ilsangue dei pazienti viene messo a contatto con alcuni alimenti, osservando il comportamento proprio dei globuli bianchi. Più volte le autorità sanitarie hanno affermato l’importanza di svolgere test attendibili, che possano dare risultati comprovati scientificamente.

Ad esempio, c’è il prick test. Si pongono alcune gocce di allergene sulla pelle, che viene leggermente graffiata, e si controlla se, nel giro di 20 minuti, compaiono gonfiore e arrossamento. Ci sono anche metodi radioimmunologici (rast test) o immunoenzimatici, come CAP-System, che vengono applicati alle analisi del sangue, le quali consistono nella ricerca di un tipo specifico dianticorpi, le immunoglobine E. Gli esami cutanei non dovrebbero essere utilizzati su larga scala, perché potrebbero dare anche dei falsi positivi.

In ambulatori attrezzati si può eseguire il test di provocazione orale: si somministrano degli alimenti sotto forma di gocce o di capsule e si osservano le eventuali reazioni che si sviluppano.

E’ stato anche inventato un test del dna, ma funziona davvero? C’è disaccordo nel mondo scientifico, perché molti ritengono che non sia possibile fare una diagnosi certa di intolleranza alimentare tramite le analisi del dna. In genere questo tipo di test è acquistabile online al costo di 99 euro e viene promesso anche un piano nutrizionale personalizzato. Gli esperti, comunque, avvertono che non ci si può fidare, perché perfino alcune acque minerali o degli additivi possono essere responsabili di disturbi.

La dieta

La dieta per le intolleranze alimentari non deve essere necessariamente un’alimentazioneche si basi sull’esclusione di alcuni cibi in particolare. Procedendo in questo modo, non faremmo altro che rischiare di provocare danni all’organismo. Ad esempio, se si è intolleranti al lattosio, non si devono eliminare dalla dieta tutti i prodotti a base di latte. Più che altro si deve innanzi tutto evitare il sovraccarico degli alimenti disturbanti, non consumandoli ripetutamente e a lungo.

La strategia da adottare è quella di inserire i cibi in un piano di rotazione nella settimana, che possa essere personalizzato. Se per un periodo lungo non assumiamo un cibo, nei confronti del quale siamo intolleranti, e dopo per caso ci capita di assumerlo, le conseguenze possono essere gravi, fino ad arrivare allo shock anafilattico. Dobbiamo fare in modo che l’organismo non perda la memoria immunologica, che ha acquistato nel periodo dello svezzamento. Allo stesso tempo la dieta che faremo sarà anche dimagrante, contribuendo ad eliminare il grasso in eccesso, che si configura come una risposta di disagio da parte del nostro organismo.


Fonte:www.tantasalute.it

Tags:#shock #intolleranze #test #dieta #alimentazione






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