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Editoriale — Possiamo davvero parlare di dipendenza da cibo?

by Direzione | lascia un commento

Il concetto di food addiction (dipendenza da alimenti) fu definito da Randolph nel 1956, in un lavoro scientifico in cui il ruolo dell’alcol nel generare dipendenza venne, per la prima volta e in maniera rivoluzionaria, paragonato a quello degli alimenti.

Negli ultimi anni la letteratura conta numerosi studi, che tentano di tracciare nell’uomo la basi molecolari di una possibile dipendenza da cibo. Di fatto è stato dimostrato, in diversi modelli sperimentali animali, come specifici alimenti siano in grado di muovere alcuni neurotrasmettitori cerebrali del circuito del piacere, correlati alla dipendenza di sostanze, in primis la dopamina. Così negli anni lo zucchero vanigliato, le patatine in busta e altri prodotti industriali — considerati particolarmente appetibili dai consumatori — si sono dimostrati in grado di promuovere picchi dopaminergici nel sistema mesolimbico, in particolare in un’area del cervello chiamata area tegmentale ventrale (ATV). In sintesi: il cibo può, in presenza di particolari fattori genetici e ambientali predisponenti, divenire di fatto oggetto di un desiderio irrefrenabile e indomabile (compulsione) al pari di alcol, droga, sesso e gioco d’azzardo.

Questi studi hanno iniziato a inquadrare l’eziologia dell’obesità in maniera più ampia. Un’obesità non dovuta solamente a fattori culturali, sociali, genetici o all’ipomotilità, quanto al dirompente concetto di dipendenza da cibi appetibili. Il questa nuova ottica l’industria alimentare è stata più volte e in più contesti accusata di avere un’importante responsabilità. Quella cioè di aver lavorato negli anni più che per la produzione di alimenti sani, per la chimica di cibi gustosi, nati dall’accostamento di ingredienti ad alta concentrazione calorica o di nota appetibilità (grassi, dolci e salati). Il concetto di tutela della salute del cittadino è stato, in questo modo, schiacciato dalla mera esigenza di vendita e da interessi economici.

A onor del vero, ad oggi la dipendenza da cibo — intesa come la possibilità di slatentizzare un comportamento compulsivo a seguito di specifiche sostanze chimiche scatenanti e psicoattive contenute negli alimenti — è ancora tutta da dimostrare. Gli studi clinici non si possono ancora ritenere sufficienti. La maggior parte delle deduzioni, inoltre, si basa su esperimenti condotti su roditori e non sull’uomo. Per quanto i primi risultati possano essere convincenti, bisogna quindi ancora attendere perché questa nuova forma di dipendenza sia riconosciuta e inserita nella prossima edizione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders.

Un recente e interessante lavoro, ad esempio, consiglia di esprimersi non in termini di food addiction, ma dieating addiction (dipendenza alimentare). Questo per non centralizzare l’attenzione solo su una possibile dipendenza originata da sostanze chimiche contenute dagli alimenti (zuccheri, grassi, sale…), ma per riferirci a un progressivo cambiamento del comportamento alimentare dal significato più ampio. Nella eating addiction la chimica degli alimenti industriali potrebbe rappresentare una componente eziogenetica importante, ma non esclusiva.

Cosa altro può slatentizzare, al di là della palatabilità di un cibo, un comportamento alimentare compulsivo, con caratteristiche di dipendenza e obesogene? Al momento non siamo in grado di fornire spiegazioni esaustive e la risposta a queste domande rappresenta un’importante sfida futura della ricerca.

Considerazione del tutto personale: credo che il cambiamento del comportamento alimentare vada integrato anche al profondo cambiamento del comportamento nei rapporti umani e affettivi degli ultimi anni. Motivo per cui, sempre più di frequente — e a mio avviso in maniera preoccupante — al cibo viene attribuito un valore consolatorio.

 

Fonte:

Hebebrand J, et al. — “Eating addiction” rather than “food addiction”, better captures addictives like eating behavior — Neurosci Biobehav Rev. 2014 Nov;47:295-306. doi: 10.1016/j.neubiorev.2014.08.016

Fonte:www.lascuoladiancel.it

Tags:#dieta #alimentazione






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